MILANO FASHION WEEK 2020
I NUMERI DELLA VENTESIMA EDIZIONE
Iniziata al 18 febbraio terminerà il 24 la Milano Fashion Week 2020, 34 eventi in calendario che non sono stati fermati dal Coronavirus. . Nonostante le incertezze della vigilia, l’appuntamento più importante in Italia per la moda è partito senza particolari problemi con una lunga settimana dedicata al glamour e all’abbigliamento internazionale.: “In totale 100 presenze in meno rispetto a settembre “, ha spiegato il presidente Canepa. Diminuzione dovuta proprio agli effetti del Coronavirus. Un’epidemia che dovrebbe avere un impatto negativo anche sull’export della moda italiana visto che tra Cina e Hong Kong c’è un business da 5,5 miliardi di euro. La speranza resta quella di una ripresa nella seconda parte dell’anno per annullare la possibili perdita di questi mesi. Dalla moda alla musica, gli effetti del Coronavirus ad Hong Kong Come detto in precedenza, il Coronavirus potrebbe avere un impatto negativo sull’export della moda italiana. Il nostro Paese, infatti, è molto attivo sia in Cina che ad Hong Kong, due Stati messi in ginocchio dall’epidemia Quindi i numeri sembrano già parlare chiaro: sono quasi 23 mila le imprese nei settori dell’indotto turismo a Milano città con 160 mila addetti. (In Italia, per avere un riferimento nazionale, ci sono 769 mila imprese). Secondo una elaborazione della Camera di commercio di Miano Monza Brianza Lodi, le imprese in quattro anni sono cresciute del 5%. I settori trainanti Traina la ristorazione con 5893 imprese, +22% in quattro anni; seguono i bar con 4867, -2,6%, che lasciano sempre più spazio a ristoranti e take away. E' la volta poi dei trasporti, con oltre 2 mila auto a noleggio, l'abbigliamento con 1.816, attività fotografiche con 697, + 4%, 686 alberghi che crescono del 6,4%. Si continua con 461 edicole, 429 bed & breakfast che aumentano del 60%, 394 negozi di calzature, 305 profumerie, 300 pasticcerie, per finire con 184 servizi di prenotazione che vedono un boom del 54,6%, 167 imprese di traduzione che aumentano del 9%. Il settore del catering, infine, registra un + 39%. È innegabile che negli ultimi anni il mondo della moda si sia interrogato con maggior consapevolezza sul proprio impatto ambientale prendendo coscienza di essere il secondo settore più inquinante al mondo dopo quello Oil&Gas. Spinti dalla richiesta di responsabilità proveniente dai clienti, soprattutto dai più giovani, i brand sono corsi ai ripari interrogandosi su come poter migliorare le proprie "performance green" e saturando il mercato con una sfilza di "collezioni sostenibili" fatte di materiali riciclati o ecologici. Capire quali tra queste iniziative riducono effettivamente l'impatto sull'ambiente e quali invece sono operazioni di "greenwashing" (ovvero un tentativo di ripulirsi l'immagine senza effettivamente apportare cambiamenti al proprio modo di produrre) non è così facile, complice una comunicazione spesso parziale e incompleta. È in questi casi che torna utile l'inflessibilità dei numeri, il loro mirare in maniera un po' spietata al cuore delle questioni. A fornirceli è il report dell'Area Studi Mediobanca redatto analizzando le 46 grandi compagnie europee con un giro d'affari superiore ai 900 milioni di euro nel 2018. Si tratta di aziende che spaziano dal fast fashion al lusso e che quindi fotografano (senza esaurirlo completamente) il sistema moda in maniera abbastanza completa. Bene, i dati sono un po' sorprendenti: se da un lato l'83% delle aziende considerate tra il 2017 e il 2018 ha compilato un proprio report sulla sostenibilità (indice del fatto che il tema è stato quantomeno perso in esame) e l'utilizzo di energie rinnovabili è cresciuto del 2,8%, dall'altro sono aumentate sia le emissioni di CO2 (+5,5%) che la quantità di rifiuti prodotti (+5%). Guardando i numeri più nello specifico si scopre che questi aumenti sono il risultato di comportamenti opposti tra le diverse aziende: per le emissioni di CO2 si passa per esempio da chi le ha ridotte del 22,1% a chi le ha aumentate addirittura del 61%. Discorso analogo anche per i rifiuti generati: a fronte di compagnie che li hanno ridotti del 36,5% c'è chi li ha aumentati del 30,6%.
Le specializzazioni dello shopping di moda.
Prato ha una maggiore presenza di boutique col 47% dello shopping di moda del territorio, rispetto al 35% italiano, tra le lombarde prima Lecco col 37%. Per abbigliamento per bimbi prima Matera col 14% rispetto al 7% nazionale. Per biancheria intima prima Rovigo col 22% rispetto al 10% nazionale, tra le lombarde, Monza. Per le pellicce prima Firenze col 2,3% rispetto allo 0,5% nazionale, tra le lombarde Lodi. Per cappelli prima Aosta col 3,7% rispetto a 1,3%, tra le lombarde Lodi e Como. Per calzature prima Firenze col 15% rispetto al 3% nazionale, tra le lombarde Milano e Lodi. Le imprese in Lombardia: sono quasi 10 mila le attività tra vendita di abbigliamento e accessori. Un’impresa su tre ha sede a Milano (3.518); sono soprattutto imprese che si occupano di confezioni per adulti (1.147), come in generale anche in regione (3.249). In Lombardia al secondo posto per imprese si piazza Brescia (1.335), seguita da Bergamo (959), Varese (788) e Monza e Brianza (738). Emerge da un’elaborazione dell’Ufficio Studi, Statistica e Programmazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati Registro Imprese al terzo trimestre 2019. In Italia shopping di moda in circa 91 mila imprese: prime Napoli, Roma, Milano, Bari, Torino e Salerno. Più imprese legate all’abbigliamento e ai saldi di questi giorni a Napoli (9.206), Roma (8.403), Milano (3.518), Bari (2.778), Torino (2.589), Salerno (2.429). Anche Palermo superano le 2 mila imprese, a seguire Caserta, Firenze e Catania.
Milano viene vista come città d'arte
Ha dichiarato Valeria Gerli, membro di giunta della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi: “La settimana della moda è un’occasione per apprezzare Milano anche come città d'arte, cultura e leisure. È un momento di forte richiamo che contribuisce in modo decisivo alla collocazione internazionale di Milano, dal punto di vista dei rapporti economici e culturali. Bisogna invitare a tornare e soggiornare più a lungo a Milano e in Lombardia per approfondire e sperimentare le diverse proposte di visita ed esperienza di svago".